La pinta di Cristoforo Colombo

La Pinta di Cristoforo Colombo che in spagnolo significa dipinta, è stata una delle tre navi, o meglio caravelle, realizzate e utilizzate da Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso le Indie, che in realtà lo portarono in America (1492). Tuttavia, il nome di questa imbarcazione è ancora sconosciuto, poiché Pinta è stato solo un soprannome attribuitole in seguito, come si evince dalle numerose documentazioni. Dalla Pinta venne avvistata per la prima volta la terra americana da Rodrigo de Triana, che faceva parte dell’equipaggio di Colombo, e per questo è considerata la caravella più importante tra le tre.

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La Pinta di Cristoforo Colombo: una caravella

La caravella è un tipo di imbarcazione che deve il suo nome al termine quārib, che a sua volta deriva dalla traduzione di carabus (dal latino), e che significa coleottero. La parola caravella indica, in senso stretto, una tipologia di peschereccio utilizzato dai romani, da cui i portoghesi imitarono la struttura velica.
La prima costruzione di una caravella risale intorno al 1451, e questa era caratterizzata da una struttura che le consentiva di essere leggera e veloce, ma robusta allo stesso tempo e molto resistente. Tuttavia, lo spazio interno consentiva a un equipaggio ridotto (rispetto ad altre navi) di far parte delle spedizioni. Di fatto, l’equipaggio di Colombo si ridusse a ventiquattro-venticinque uomini.
Le sue proprietà consentirono alla caravella di essere adatta soprattutto per i viaggi di esplorazione, e sebbene all’inizio non vennero utilizzate molto, grazie a Colombo e Vasco da Gama ebbero una grande influenza.

La Pinta di Cristoforo Colombo: caratteristiche

Come anticipato, la Pinta era una caravella, realizzata con tre vele, una grande di maestra e una quadra, e da un albero situato a poppa, che portava un’altra vela (stavolta latina).
Per quanto riguarda le sue dimensioni, esistono documentazioni contrastanti: la maggior parte delle fonti affermano che fosse pesante circa 110 t, altre, invece, di sole 60 t. La sua struttura comprendeva anche un castello di prua e un cassero di poppa, e si crede che potesse ospitare circa 25 uomini dell’equipaggio. Sotto al cassero della poppa si trovava il timone, dunque al coperto. Questa posizione permetteva di poter guidare la nave indisturbati e tenendo conto delle condizioni climatiche e delle precipitazioni.
Si stima anche che fosse molto facile da guidare, poiché, secondo numerose documentazioni, era capace di arrivare a fare gli otto nodi (ovvero quattordici chilometri orari). La sua lunghezza era di 22 metri e la larghezza di sei, mentre il pescaggio era di ben 1,85 metri.
Sull’albero era presente un simbolo bianco e rosso che rappresentava Castiglia e Leon, mentre sull’albero di mezzana erano presenti due lettere, ovvero la J e la F, le iniziali di Ferdinando e Isabella di Spagna.
Il cassero era situato sopra il timone, e potrebbe aver avuto un’altezza di circa un metro e venti. Al di sopra del cassero, vi era un dormitorio per tutti e venticinque i marinai. Ancora, il castello situato a prua era alto circa un metro e quaranta.

La pinta di Cristoforo Colombo

La Pinta di Cristoforo Colombo: la storia

Insieme alla Pinta furono realizzate altre due caravelle, ovvero la Niña e la Santa María. Sia la Pinta che la Niña riuscirono a completare anche il viaggio di ritorno in Spagna, mentre la Santa Maria rimase bloccata nei coralli di Haiti una notte. Tra i viaggi più importanti compiuti dalla Pinta, va ricordato sicuramente quello del 1492, ovvero l’anno della scoperta dell’America da parte di Colombo. Infatti, nonostante molte persone pensassero che la terra fosse piatta, alcuni credevano fosse rotonda, e anche che vi fossero numerosi territori inesplorati (a causa del fatto che da diverso tempo mancassero mappe abbastanza chiare per potersi spostare). Dopo numerosi no, Cristoforo Colombo ottenne l’approvazione di Isabella di Spagna e di Ferdinando di Spagna per iniziare il viaggio, insieme ai fondi necessari. Lui desiderava principalmente trovare le Indie orientali, e i preparativi per il viaggio iniziarono a maggio, a Palos. Questo porto era particolarmente ricco e posizionato in un punto favorevole. Inoltre, vi abitavano due famiglie molto note di carpentieri e armatori, vale a dire i Nino e i Pinzòn. Due caravelle, tra cui la Pinta, furono realizzate proprio da loro, e secondo documenti non ufficiali si pensa che la Pinta fosse quella dalle dimensioni maggiori rispetto alla Niña. La Santa Maria, invece, si trovava già nel porto. Cosa aspetti iscriviti alla nostra newsletter per rimanere aggiornato

La Pinta di Cristoforo Colombo: progettazione e costruzione

La caravella è una tipologia di imbarcazione resistente e molto veloce, formata da due o tre alberi e, come abbiamo già detto, da vele sia di forma triangolare che di forma quadrata. Durante il viaggio di Colombo, infatti, tutt’e tre le caravelle erano dotate di vele dalla forma quadrata. Il motivo è legato alla corrente dei venti alisei, che Colombo aveva intuito che soffiassero da nord ed est verso sud e ovest. Dunque, permetteva di tornare in modo semplice dal viaggio, e di effettuare in maniera semplice le virate.
Il progetto che ha portato alla formazione della Pinta è stato un lavoro duro e lungo, svolto dai migliori carpentieri e progettisti del secolo. In questo modo, era garantito un viaggio lungo ma privo di pericoli, grazie alla manovrabilità della nave e alla sua resistenza.
I carpentieri e i progettisti spagnoli si ispirarono ai pescherecci lusitani, e una caravella come la Pinta fu utilizzata anche in numerose altre spedizioni, oltre che per quelle di Colombo. Infatti, è stata sfruttata anche per i viaggi di Diaz, Magellano e Vasco da Gama. Di conseguenza, è possibile affermare che fu un’imbarcazione fondamentale per la costruzione dell’impero commerciale.
Naturalmente, i carpentieri navali spagnoli e portoghesi optarono per la realizzazione di imbarcazioni in grado di navigare intorno all’Africa e arrivare in India, per evitare, secondo le fonti, il passaggio nell’Impero Ottomano che avrebbe comportato pesanti dazi.


    La Pinta: il suo nome e quello delle altre caravelle

    Come abbiamo anticipato, i nomi delle tre caravelle non sono gli originali, che restano sconosciuti. Per quanto riguarda la Pinta, il suo nome deriva dal sostantivo dipinta, ma il vero nome non si conosce. In ogni caso, si trattava della caravella principale e la più grande tra tutte le tre, ed è anche la più importante: infatti, fu sul suo ponte che Rodrigo de Tirana avvistò per la prima volta le terre americane. Grazie alle sue vele, la Pinta era anche la caravella più facilmente guidabile dai marinai, poiché era dotata, come abbiamo detto, da vele quadre a prua e di una triangolare latina a poppa, oltre che la maggiore situata sull’albero maestro. Inoltre, sotto la vela triangolare a poppa era situata un’ulteriore vela civata (che non era presente nelle altre caravelle di quel secolo).

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    La Pinta: la fine delle tre caravelle

    Delle tre caravelle solamente la Niña riuscì a tornare in Portogallo guidata da Colombo. Infatti, la Pinta tornò un po’ di tempo dopo, a causa di una tempesta che portò l’equipaggio fuori rotta. Per quanto riguarda la Santa Maria, essa affondò una volta ancorata su un banco di coralli ad Haiti durante la notte, a fine 1492.
    Ancora oggi, infatti, i resti della Santa Maria simboleggiano un prezioso tesoro che viene cercato dai più grandi cacciatori di tesori. L’equipaggio fu costretto a lasciare la caravella, e a crearsi un riparo che venne nominato come Navidad. Tale riparo è anche considerato la prima colonia europea in territorio straniero, ma venne distrutta pochi anni dopo da alcuni indigeni.

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      La Pinta: il viaggio di Colombo

      Il primo viaggio di Colombo verso l’America, con le sue tre caravelle, fu tutto sommato tranquillo. Sebbene lui pensasse di essere arrivato nelle Indie orientali ma invece arrivò in America, questa esplorazione può essere considerata come un’avventura. Di fatto, il clima e il meteo facilitarono la navigazione, ma solo durante l’andata, in quanto, durante il viaggio di ritorno le cose si complicarono.
      Le tre caravelle di Colombo, infatti, si scontrarono con numerose tempeste e le caravelle dovettero superare diverse tempeste atlantiche, che arrivarono quasi a impedirgli di tornare in Spagna e portare quindi a termine l’impresa. Fortunatamente riuscirono a resistere a questo tempo inclemente e nessun uragano li bloccò nel loro viaggio. Questo è sorprendente viste le date in cui avvenne la navigazione.

      La partenza per le Indie, o meglio per l’America, iniziò il 6 settembre, dall’isola di La Gomera.
      La navigazione fu favorita dalla presenza dei venti alisei, che soffiarono ininterrottamente nella tratta Isole Canarie-America. La sosta nelle Isole Canarie per riparare il timone della Pinta durò all’incirca quattro settimane.
      È anche documentato il nervosismo che colpì l’equipaggio un paio di giorni prima dello sbarco, soprattutto per il fatto che pensassero di non poter tornare in Spagna vivi, a causa dei venti alisei che li avevano accompagnati durante la tratta.

      Lo sbarco avvenne il 12 di ottobre, e l’equipaggio di Colombo arrivò sull’isola di Guanahaní, che fa parte dell’attuale arcipelago delle Bahamas.

      Cristoforo Colombo pensava che, per tornare in Spagna, avrebbero dovuto viaggiare a nord, per trovare gli alisei che li avrebbero accompagnati a casa. Tuttavia, le sue conoscenze meteorologiche erano strettamente limitate, e per questo non si rese conto di quanto fosse difficile navigare nell’Atlantico del nord durante l’inverno a causa della presenza di uragani, soprattutto in autunno.

      Tuttavia, Colombo e il suo equipaggio non trovarono nessun uragano o ciclone nel viaggio di ritorno, e questo potrebbe essere attribuiti al caso favorevole, oppure, può anche essere dato dal fatto che l’attività dei cicloni e degli uragani nel 1492 fosse molto ridotta rispetto a quella degli altri anni o rispetto a quella attuale.
      Per quanto riguarda il viaggio di ritorno, iniziò il 16 gennaio del 1493, con le caravelle Pinta e Niña, e avvenne dall’isola di Hispaniola. Per il primo periodo del viaggio (ovvero i primi dieci giorni), questo fu tranquillo e privo di cicloni.
      Come aveva previsto Colombo, le navi sfruttarono i venti alisei, finché agli inizi di febbraio, l’equipaggio fu colpito da una forte tempesta, a tre giorni di distanza dall’arcipelago delle Azzorre.
      Le caravelle passarono tre giorni infernali, e per questo rischiarono anche da neugrafare, finché il clima tornò alla normalità. Tuttavia, esse non tornarono insieme in Spagna, ma ognuna continuò il viaggio di ritorno in autonomia.

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